La prima opera teatrale di Ionesco è un’anticommedia, come lui stesso la definì.
Lo spettatore si trova immerso in un contesto fuori dagli schemi, dentro un flusso di parole assurde e movimenti sconnessi.
Il linguaggio non ha più la sua funzione narrativa, ma accompagna una sequenzialità apparentemente casuale di eventi nonsense.
Un’opera sulla nostra incapacità di comunicare, sulla frustrazione di non essere capiti e il desiderio di far prevalere la nostra opinione su quella degli altri. Ionesco ci parla di ascolto, di contraddizioni e di stereotipi con un teatro innovativo e divertente, dove i personaggi sembrano parlarsi ma in realtà mantengono tutti uno stato di isolamento, reagendo a quel che (non) succede in modo imprevedibile, anticonvenzionale, assurdo, per l’appunto.
L’oscurità del salotto degli Smith diventa una sorta di prigione, in cui i personaggi sono costretti a confrontarsi all’infinito, reiterando le azioni in un vortice di frustrazione e rabbia crescente.